A cura di Alessandra Broglia

Riprendiamo il discorso che avevamo lasciato la scorsa settimana, per questa patologia, legata anche alla sfera storico-sociale, in grado di attaccare forme animali come gli esseri umani. Ci affidiamo al consueto supporto del nostro esperto, il dottor Mauro Berta, membro del comitato scientifico per la dermatologia di Ambimed Group Milano network in Travel and Tropical Medicine Italia e del Centro di Ricerca Scientifica Biochimica, Nutrizione e per la medicina tropicale D. Carrion, Facoltà di Medicina, Univ. Nacional Mayor de S. Marcos – Lima.

In ragione dei legami storico-sociali, come si presentava in passato?

Dal I secolo d. C. fu identificata come conseguenza di regioni paludose, da cui deriva l’etimologia, “mal aria, cattiva aria”. Nel 1716 Giovanni Maria Lancisi, ipotizzò un passaggio dagli insetti all’essere umano, da qui si comincia a identificare l’insetto come vettore della malaria. Nel 1898 Battista Grassi, identificò il vettore anopheles presso Fiumicino, grazie allo studio di esemplari autoctoni. Nel 1901 pubblicò il testo: ‘Studi di uno zoologo sulla malaria’ [ristampato nel 1998, dall’editore Giunti, con introduzione e cura di Bernardino Fantini – ndr]. Nel nostro Paese, agli albori del ‘900, la patologia interessava il 3,7% dell’intera nazione e predominava sia il plasmodium vivax, che il malariae. Mentre il falciparum, forma più grave, dominava in estate e in autunno. Le specie di zanzare in Italia, erano suddivisibili in anopheles superpictus e anopheles labranchiae. Nei primi del ‘900 fu elaborata una legislazione sulla profilassi e terapeutica, in particolare verso l’ambiente per neutralizzare le zanzare di queste specie. Una legge permetteva la distribuzione gratuita del chinino per i lavoratori che si trovavano nelle zone endemiche. Nel ’45, vi fu una delle bonifiche più importanti, con la campagna per mezzo del DDT. Dalle paludi soprattutto pontine, fu sviluppata poi in tutto il Paese, cui si aggiunsero altri insetticidi, per durare fino al 1970, quando l’OMS dichiarò l’Italia liberata dalla patologia del cosiddetto “paludismo”. Negli anni ’70 l’Italia fu dichiarata malaria-free; è importante valutare che si avrebbe ancora endemicamente la presenza di questa malattia, se non fosse avvenuta la bonifica di tutte le aree paludose dell’Italia.

Quali contributi a livello terapeutico?

Nel 2015 è avvenuto un grande impulso, grazie a una farmacista cinese Tu Youyou, che fu insignita del premio Nobel, per i suoi studi sulla pianta Artemisia Annua, mirata nei confronti del plasmodium falciparum, il responsabile della terzana maligna, forma più grave di malaria. Da questa pianta viene estratta l’artemisinina, un farmaco di utilizzo a livello internazionale contro la malaria, in particolare per quest’ultima forma, più grave e mortale.

Può descriverci i sintomi che devono metterci in allarme?

Qualora avvenga la puntura di una zanzara anopheles infetta, e quindi portatrice della malattia, dopo sette/quindici giorni, sopraggiungono sintomi come febbre alta, cefalea, diarrea, sudorazione e brividi intensi. I plasmodi della malaria invadono e colpiscono gli eritrociti, cioè i globuli rossi, distruggendoli. Nel momento in cui avviene reazione malarica con febbre, si arriva all’anemia. Il falciparum si presenta come la forma più grave dei plasmodi, fino al limite del decesso, poiché il numero dei morti registrati nel mondo dipende dal plasmodium di questo tipo; con anemia marcata e decisa, che arriva ad ostruire anche i capillari cerebrali, il fegato, la milza e i reni. Gli altri parassiti della malaria, come il vivax e l’ovale possono presentare delle recidive, forme di attacchi malarici a distanza, con febbre, sudorazione e spossatezza, anche ricorrenti nel tempo. Insieme a questi sintomi, possono aggiungersi anche la piastrinopenia, la diminuzione del numero delle piastrine, a livello della coagulazione del sangue; la leucopenia, l’abbattimento del numero dei globuli bianchi; i dolori muscolari, l’aumento della VES, cioè la velocità del sangue di eritrosedimentazione; la debolezza, la diarrea e il mal di testa.

Quale profilassi è bene seguire?

La limitazione dei focolai larvali con bonifiche di tipo ambientale, soprattutto l’utilizzo di insetticidi e larvicidi. Tutto questo può essere molto utile per coloro che affittano case in Kenya, in Tanzania in Sud Africa, o la Namibia dove vi sono luoghi di vacanza, nei quali se si sceglie di affittare una casa, bisogna adottare delle precauzioni. Ad esempio se ci trova in un giardino, bisogna evitare ristagni di forme d’acqua, come tombini o delle piscine, nei quali le zanzare possono albergare. Quindi limitare al minimo il contatto tra il vettore, cioè la zanzara e l’essere umano. Bere alcolici e meno birre possibili poiché si può essere attaccati più facilmente; per la notte utilizzare delle zanzariere imbibite di spray repellente. Sull’abbigliamento appropriato e gli spray specifici si è già parlato la volta precedente.

Con i farmaci?

Un farmaco a base di proguanile cloridrato e atovaquone rappresenta la maggiore profilassi, è importante seguire il protocollo terapeutico, ossia; se non si segue e siamo stati punti da una zanzara infetta e interrompiamo il trattamento o non lo seguiamo in maniera precisa, si rischia che la malaria sopraggiunga al ritorno. Fondamentale è iniziare la somministrazione con queste compresse, già un giorno prima della partenza, continuare per tutta la permanenza, senza saltare, fino a una settimana dopo il rientro in Europa. Una profilassi necessaria perché non possa svilupparsi il plasmodium di cui si è parlato in precedenza. Da sfatare il mito che crea problemi di stomaco, di diarrea.

Per i vaccini, come sta evolvendo la situazione?

Inizialmente furono studiati, un primo è originario di Oxford e si è dimostrato efficace nel 77% dei casi. Venne effettuata una sperimentazione di circa 12 mesi su circa 500 bambini del Burkina Faso. Con un programma dell’Organizzazione mondiale della Sanità si stanno sperimentando diversi vaccini in Malawi, Ghana e Kenya. Siamo ancora in fase sperimentale, in particolare per i bambini.

Sezione: Medicina del Viaggiatore / Data: Sab 29 gennaio 2022 alle 12:45 / Fonte: a cura di Alessandra Broglia
Autore: Redazione PN
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