Contagi in risalita, situazione comunque diversa dallo scorso novembre, ma in Alto Adige è critica, tanto da spingere Arno Kompatscher, presidente della provincia autonoma di Bolzano, a firmare un’ordinanza che, da oggi , porterà ad ulteriori restrizioni sulle regole anti-Covid, come l’obbligo di indossare la mascherina Ffp2, anche all’aperto, in tutta la provincia. Nonostante i casi in risalita nasce  un nuovo fenomeno legato al virus, il “covid party”, pratica importata dall’Austria e dalla Germania. Giovani fasce di età, anche scolare, che si incontrano con positivi e cercano di acquisire l’infezione, cercando di evitare il vaccino e riuscire in un secondo tempo ad avere il green pass. Questa pratica può avere delle conseguenze: in Austria un uomo di 55 anni è morto, infettandosi durante uno di questi eventi. Una situazione difficile a credersi, ma purtroppo è una triste realtà. Con il rischio che episodi di questo genere facciano da cassa di risonanza tra i loro coetanei, ma non solo, con fenomeni di emulazione. A questo proposito abbiamo chiesto il parere a Maddalena Cialdella, psicologa, psicoterapeuta, Ctu dei Tribunali di Roma, specialista in psicologia forense ed esperta anche di problematiche legate alla sfera familiare e al mondo giovanile.

Cosa spinge questi ragazzi ad organizzare questi incontri, i quali sperano in questo modo di evitare il vaccino?

"Tematica complicata e difficile, piuttosto che chiamarlo covid party, la definirei un’azione criminale e molto pericolosa, e soprattutto perché riguarda una fascia di età, di giovani o anche di minori, in molti casi, purtroppo, abituati probabilmente ad ottenere tutto e subito. Da come siamo ormai abituati ad interfacciarci con loro, i giovani non hanno la percezione di quali possano essere gli effetti dei loro comportamenti che più o meno sono tipiche di questa fascia di età. Non hanno una concezione importante rispetto alle possibili conseguenze per loro e per gli altri.  Se proviamo ad addentrarci in questo tipo di ragionamento, quello che possiamo affermare è che non c’è il rispetto né la cura per se stessi, né per altri. Questa mi sembra la fattispecie di un comportamento non tutelante, anche se sarebbe importante capire quali sono i riferimenti di questi ragazzi; poiché se dovessi pensare in qualità di genitore, che mio figlio facesse una cosa di questo genere, griderei allo scandalo, e forse ci sarebbero conseguenze. Ovviamente saranno figli di no-vax, altrimenti la situazione sarebbe totalmente differente, però ciò che reputo è che non soltanto i riferimenti che hanno e di conseguenza anche i loro comportamenti sono il riflesso di ciò che vedono e che vivono ma sono anche “infiammati” dal gruppo dei coetanei, che in questa fascia d’età ha molta presa; a volte più che la famiglia. Quindi tra i riferimenti che hanno e il gruppo dei pari che incide notevolmente, si viene a formare un mix esplosivo".

Ma il fatto di vedere che c’è anche il rischio di finire in terapia intensiva, non potrebbe fare da deterrente e indurre al pentimento?

"Evidentemente no, in primo luogo perché siamo esseri umani e complessi e la nostra psicologia spesso non ragiona con la logica; questa è una prima spiegazione teorica. Non funziona da deterrente poiché in queste età, già generalmente si può avere una propensione a vedere e sperimentare dove ci si può spingere, per verificare i propri limiti, e quindi in questo senso trova spazio anche un comportamento come questo che, come tutti gli altri tipi è rischioso e si compie con l’assenza di consapevolezza di quali possano essere le conseguenze. Non credendo nell’esistenza del virus e dell’efficacia ed effetto del vaccino, si può comprendere come questo tipo di situazione, persino le persone che finiscono in ospedale, come in terapia intensiva, non faccia da deterrente". 

Sezione: Esclusive / Data: Mer 24 novembre 2021 alle 13:30 / Fonte: di Alessandra Broglia
Autore: Redazione PN
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