La redazione di PoliticaNews.it ha intervistato in esclusiva Peppe De Cristofaro, capogruppo Alleanza Verdi e Sinistra, Presidente del Gruppo Misto del Senato della Repubblica.

Alla fine del 2022 si è discusso molto della manovra di bilancio del nuovo esecutivo. Dalla retromarcia sul Pos alla volontà di alzare la quota delle pensioni minime, passando dall'inevitabile tutela delle persone in difficoltà. In tutto questo c'è il mercato del lavoro a cui molto spesso i giovani faticano ad entrare dopo aver studiato. Quali sono gli ingredienti (i pilastri strutturali) per impedire continue fughe di cervelli?

 

"Il lavoro è una delle maggiori emergenze del nostro Paese e nella manovra di bilancio appena approvata dal governo Meloni non c’è traccia di come superare questa emergenza. Precarietà, bassi salari e lavoro povero sono la costante per i tanti giovani che si affacciano al mondo del lavoro. Negli ultimi dieci anni, secondo l’Istat, se ne sono andati dall’Italia circa 980.000 giovani. Nel nostro Paese la situazione lavorativa diventa ogni giorno più difficile, infatti, siamo l’unico Stato europeo dove gli stipendi, invece di crescere, scendono. L’Ocse ha calcolato che i laureati italiani di 25-34 anni guadagnano appena il 10 per cento in più rispetto a chi ha solo il diploma. I laureati italiani vanno all’estero perché cercano un sistema del lavoro più giusto e tutelato, possibilità di carriera, una migliore qualità di vita, inclusione, efficienza dei servizi pubblici, miglior welfare. Tutte cose su cui l’Italia è fanalino di coda in Europa. Per favorire il rientro di lavoratori e ricercatori dall’estero, la principale politica attuata dai governi italiani è stata quella degli sgravi fiscali e devo dire che l’afflusso registrato dopo l’approvazione del decreto Crescita suggerisce che queste agevolazioni abbiano avuto un piccolo effetto. Ma ovviamente non basta visto che ogni anno sono decine di migliaia i ragazzi e le ragazze che lasciano l’Italia. Occorre ripensare il lavoro, far tornare a crescere gli stipendi con politiche adeguate".

La situazione di instabilità geopolitica costringe l'Ue a tenere le attenzioni massime. L'invasione russa in Ucraina non accenna a decrescere la sua intensità, il regime iraniano prosegue imperterrito con le brutali repressioni. Nei balcani qualche frizione tra Serbia e Kosovo c'è da tempo e non dimentichiamoci l'assalto alle istituzioni democratiche in Brasile. Il concetto di democrazia è in pericolo negli sviluppi geopolitici dell'attualità?

"Quanto successo negli Usa con l’assalto a Capitol Hill e ora in Brasile, dove manifestanti indisturbati hanno devastato le sedi della politica brasiliana contro il nuovo presidente Lula, ci dicono che la demagogia populista è la malattia della democrazia. Un fenomeno, tendenzialmente di destra, capace di influenzare profondamente l’opinione pubblica mettendo in contrapposizione il ‘popolo’ contro la classe politica e le istituzioni, nazionali ed internazionali, individuate come il nemico da abbattere. In realtà il populismo è una pericolosa deriva verso forme di plebiscitarismo, o peggio. Non vi è dubbio che la democrazia è in pericolo. Però è necessario che la classe politica e le istituzioni, viste come elite lontane dalla vita reale delle persone e quindi incapaci di dare risposte, si interroghino su quanto avvenuto in questi anni al fine di modificare le politiche per renderle più vicine alle persone".

Sezione: Esclusive / Data: Sab 21 gennaio 2023 alle 11:00
Autore: Niccolò Anfosso
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