In Sicilia “succede che stiamo raccogliendo quello che abbiamo seminato. Il territorio invece di essere accarezzato, di essere tutelato, capito, compreso, condiviso, è stato devastato, sfruttato. Non in questa circostanza, ma alcuni mesi fa, andando in giro per la mia isola, ho visto case costruite sull’alveo dei fiumi, torrenti tombati e diventati strade, come se l’acqua si fosse arresa di fronte alla furbizia dell’uomo. E invece l’acqua torna, torna anche dopo cent’anni, e quando torna vuole trovare la strada libera, altrimenti ci sono danni, feriti, morti”. Così a Timeline, su Sky TG24, il presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci.

“Dobbiamo necessariamente chiedere a Roma - ha proseguito -, e ne ho già parlato questa mattina con il Direttore Curcio, e a Bruxelles, ma porrò questo tema anche alla conferenza dei presidenti di Regioni, una nuova politica del territorio. Pensiamo solo che ci vorrebbero tre miliardi di euro per potere mettere in sicurezza la mia Regione, che soprattutto nella provincia di Messina appare particolarmente fragile e vulnerabile. In Sicilia abbiamo tutti i rischi possibili, quelli previsti dal catalogo e dal manuale della Protezione Civile: dal rischio sismico al rischio vulcanico, al rischio idrogeologico, al rischio incendi, al rischio industriale. E’ chiaro, quindi, che, per quanto riguarda quello che potrebbe accadere nei prossimi mesi e anni, noi abbiamo il dovere di mettere, per quanto possibile naturalmente, in sicurezza il nostro territorio”. “Abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare - ha concluso -, come Regione abbiamo speso fino all’ultimo centesimo, tutto quello che lo Stato ci ha dato contro il dissesto idrogeologico. Io sono il commissario regionale e credo che la Sicilia sia la prima o la seconda Regione in Italia per spesa certificata, però tutto questo come abbiamo visto non basta. E’ cambiato il clima, e deve cambiare l’approccio da parte dell’uomo verso queste calamità sempre più frequenti e non più eccezionali”.

“Il tema posto è quello che ogni amministrazione pubblica dovrebbe porsi in Italia, e non solo. Le nostre città hanno un sistema di deflusso delle acque, progettato nel dopoguerra, per potere ospitare una certa quantità di acqua distribuita in dodici mesi. Ma se quella stessa quantità di acqua arriva in una sola notte, o in un paio d’ore, è chiaro che il sistema delle condotte non regge più perché salta in aria, e quindi l’acqua è costretta a farsi strada da sola. Ecco perché la cosiddetta bomba d’acqua, chiamata impropriamente così, che fino a qualche anno fa sembrava una eccezione, ormai è diventata pressoché una regola. Dobbiamo abituarci a conviverci. Tutte le amministrazioni pubbliche debbono rivedere le progettazioni per il deflusso delle acque meteoriche, altrimenti ogni strada diventerà un fiume e ogni piazza diventerà un lago, con il guaio di dover registrare pesanti bilanci, come abbiamo dovuto purtroppo fare noi in Sicilia. Ho dichiarato poco fa lo stato di emergenza e ho chiesto al Governo nazionale di riconoscere lo stato di calamità regionale”. Lo ha detto a Timeline, su Sky TG24, il presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci rispondendo alla domanda se le città siciliane siano attrezzate, abbiano dei piani contro questi fenomeni.

“Abbiamo migliaia di aziende in ginocchio - ha proseguito -. Penso al frutto pendente, ai nostri agrumi per esempio: da noi le arance rosse, che sono come la Fiat per Torino, sono pressoché tutte pregiudicate come raccolto. E così altre colture, quindi chi interviene adesso? La domanda è questa: chi interviene a sostenere e a rimborsare questa gente che piange lacrime di sangue? E’ la grande domanda che dopo ogni calamità ci poniamo”.

Mentre ad un’ulteriore richiesta se ci sia un’azione, da parte della Regione, di stimolo nei confronti del territorio e delle città affinché si cominci a creare quelle strutture che consentano di affrontare problemi che saranno sempre più distruttivi, il presidente Musumeci ha risposto che per creare strutture “i Comuni devono progettare. Per progettare devono avere un ufficio tecnico. Per avere un ufficio tecnico devono avere i tecnici. Ma non c’è nulla di tutto questo negli enti locali. Conosco Comuni in Sicilia che non hanno neanche un geometra all’ufficio tecnico. Alla Regione Siciliana dal 1991 non si fanno concorsi, e proprio nei prossimi giorni avremo a Roma un confronto con il ministro Brunetta, ma non soltanto con lui, per verificare se possiamo essere autorizzati almeno ad assumere qualche centinaio di tecnici. Dunque è chiaro che la cabina di regia deve essere Roma, e prima che Roma deve essere Bruxelles, perché il fenomeno è globale. Serve, in sede di prevenzione, ridurre gli effetti, quindi l’emissione di gas serra, e dall’altro lato capire come adattare le nuove strutture, quindi le nuove progettazioni, a queste precipitazioni localizzate e particolarmente intense. Ecco perché il processo non può essere determinato in Sicilia, o in Campania, o in Lombardia: deve essere un processo pianificato a livello nazionale”.

Sezione: Politica italiana / Data: Mer 27 ottobre 2021 alle 21:00
Autore: Christian Pravatà / Twitter: @Christianpravat
vedi letture
Print