“Ho letto con attenzione la lettera pubblica che Carlo Calenda ha inviato al mio Partito e la ritengo fuori scala e fuori tono. Fuori scala perché il vizio di dire ad altri cosa devono o non devono essere è antico e pernicioso e ricorda proprio quelle culture “massimaliste” che ponevano se stesse sull’altare della verità rivelata e, quindi, in dovere di dare lezioni di vita e comportamento a chi era altro da se. A parti invertite mai mi permetterei di fare altrettanto ma, a partire da me stesso, accoglierei l’altro laicamente, nella sua diversità e specificità e se possibile ne troverei tratti di comunanza, mai imposta ma sempre concertata e condivisa. E fuori tono per la palese contraddizione che il vero e proprio ultimatum di Calenda – già di per sé irricevibile nella sua dimensione formale –  contiene, cioè dirci che la questione non è scegliere tra lui e Conte per poi ribadire che l’unica cosa che il Pd, a sua detta, deve fare è scegliere tra lui e Conte! E’ un gioco di ruolo che sinceramente è a somma zero. Così come lo è darsi etichette formali o, peggio, pretendere di darle ad altri. Essere o non essere qualcosa significa non semplicemente dire o non dire qualcosa ma rappresentare compiutamente qualcuno, non solo nell’elencare una serie di obiettivi ma nel disegnare una prospettiva di vita, convivenza e soddisfazione di aspettative e bisogni.

Lo dico pensando proprio alla storia di quella cultura liberale a cui Calenda aspira, rappresentante di una fetta di borghesia e ceti produttivi capaci alternativamente di richiedere più libertà economica o più garanzie sociali e redistributive a seconda delle fasi storiche, come ad esempio la Germania e l’inghilterra insegnano. Una cultura che rispetto, naturalmente, e che considero una delle radici storiche del sistema democratico. Altra cosa da quella in cui io mi identifico, cioè quella socialdemocratica, ben spiegata nella carta di Bad Godesberg dell’Spd, quando recita: “Il movimento socialista, iniziato come protesta dei lavoratori salariati contro il sistema capitalistico, ha adempiuto ad un compito storico. (…) Nonostante errori e sconfitte il movimento dei lavoratori è riuscito ad ottenere nel XIX e XX secolo, il riconoscimento di molte sue rivendicazioni Questi successi sono pietra miliare di un cammino ricco di sacrifici, soprattutto dei lavoratori salariati, che ha servito la causa della libertà di tutti. (…) Oggi tutte le forze vive scaturite dalla rivoluzione industriale e dal progresso tecnico devono essere messe al servizio della libertà e della giustizia. Da partito della classe lavoratrice il partito socialdemocratico è diventato partito del popolo.” Sulla necessità di creare un partito così, do ragione a Calenda ma non in base ad una “assegnazione di maglia” e di “ruolo”, come se fossimo in una partita di calcetto, ma attraverso un percorso politico profondo e non scontato.

Questo è il nostro compito storico. Perché sono convinto che ciò che abbiamo vissuto dal 1996 ad oggi, dall’Ulivo, all’Unione, al Pd di oggi, abbia esaurito una funzione e perso una prospettiva e che oggi occorra un atto rifondativo, innanzitutto partendo dal confronto serrato con le rappresentanze sociali e del lavoro e non su semplici leadership, né tantomeno alleanze forzose e forzate, come invece sembra suggerirci Calenda. Il nostro è uno strano paese dove gli aggettivi vengono scambiati per sostantivi, proprio come nel caso di “riformista”. Non me ne abbia Calenda se per spiegarmi meglio mi rifaccio ad un’altra citazione, questa volta di Claudio Treves, fondatore del Psi e primo direttore dell’Avanti!: “I socialisti riformisti sono, non lo si dimentichi, prima di tutto dei socialisti: il che vuol dire che non sono empiristi dalle saccocce piene di rimedi pronti per tutti i mali. Il riformismo è il metodo onde si applicano le idealità animatrici del socialismo ai problemi della vita quotidiana, non un emporio di riforme a 49 centesimi il pezzo - liquidazione di fine stagione”. Comunque, ringraziando Calenda per le sue attenzioni nei nostri confronti, gli auguro un proficuo percorso costituente insieme alle amiche e amici di Italia viva, che sarà impegnativo e necessiterà di tutte le energie disponibili, cominciando dalle sue”.

Così Emanuele Fiano del Partito Democratico risponde a Carlo Calenda sulle colonne di Repubblica.

Sezione: Politica italiana / Data: Mer 05 ottobre 2022 alle 16:00
Autore: Redazione PN
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