"Nelle minacce di Putin è sempre difficile distinguere l'aspetto mediatico da quello militare": lo afferma al Messaggero l'ambasciatore Stefano Stefanini, già rappresentante d'Italia presso la Nato, in merito alla questione delle armi nucleari in Bielorussia. "Se è un avvertimento - aggiunge - risponde a due preoccupazioni: l'attesa controffensiva ucraina di primavera, che ha un fondamento reale perché Kiev può ormai mettere in campo un dispositivo militare rafforzato con le armi occidentali ricevute, compresi i carri armati Leopard; e poi l'annuncio britannico di una fornitura di proiettili all'uranio impoverito. Putin non dice che fornirà armi tattiche nucleari ai bielorussi, ma che le dislocherà in Bielorussia, per le truppe russe. Finora, l'Ucraina non è stata attaccata dai russi direttamente dalla frontiera bielorussa. Se ciò avvenisse, si aprirebbe un fronte nord con una estensione territoriale e geopolitica del conflitto". "La dottrina nucleare russa non prevede l'uso indiscriminato di armi nucleari - spiega ancora - le considera l'ultima risorsa per evitare la sconfitta. Gli americani e la Nato sono convinti che il problema potrebbe sorgere solo se la Russia si sentisse direttamente attaccata. Ma la questione si potrebbe porre anche qualora Mosca percepisse che un successo militare ucraino metta in predicato conquiste consolidate, come la Crimea". Secondo l'ambasciatore la visita di Xi a Mosca allontana la mediazione cinese: "Il mediatore deve avere una veste imparziale. Se oggi Biden si presentasse come mediatore, gli riderebbero in faccia. La Cina si è schierata con la Russia, anche se non militarmente". 

Sezione: Politica estera / Data: Lun 27 marzo 2023 alle 11:00
Autore: Redazione Milano
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