A cura di Alessandra Broglia

Riprendiamo questo argomento, dedicato al covid-19, che ci ha colpito in questi ultimi anni. Un’attenzione quasi dissolta ma che dai contagi in risalita, ci ricorda che è ancora presente, poiché mai avremmo pensato di dover fare i conti con la cruda realtà dei fenomeni bellici dell’Ucraina, che ci tengono con il fiato sospeso, ma carichi di volontà nel fornire aiuti, nonché il forte desiderio di pace, che sta imperando. Da varie fonti sembra che, ove possibile, le persone seguitano a viaggiare. Continuiamo con la preziosa consulenza del nostro esperto di riferimento, il dottor Mauro Berta, membro del comitato scientifico per la dermatologia di Ambimed Group Milano network in Travel and Tropical Medicine Italia e del Centro di Ricerca Scientifica Biochimica, Nutrizione e per la medicina tropicale D. Carrion, Facoltà di Medicina, Univ. Nacional Mayor de S. Marcos – Lima. Secondo quanto ci introduce, in questo momento è difficile capire quale variante stia colpendo, poiché dalle affermazioni del ministro Roberto Speranza, stanno circolando parallelamente la variante Omicron e la Delta. La distinzione è un po’accademica sui sintomi; si può solo supporre di aver preso la Delta se si ha febbre alta e se sono coinvolti i polmoni. Come si può solo supporre di avere la Omicron se si ha solo raffreddore, mal di gola o alterazione febbrile.

Quali fattori bisogna valutare?

Importante è una valutazione di patologie concomitanti, sia per il covid cutaneo che polmonare, Le persone che sono decedute per covid, spesso avevano una compromissione con altre patologie. Nel 66% dei casi avevano ipertensione arteriosa, nel 30% avevano il diabete di tipo 2 (insulino-resistente). Il 27% aveva una cardiopatia, il 24% una fibrillazione atriale, che è anch’essa una forma di cardiopatia; un dato interessante che fa riflettere è il 23% di persone che era affetto da demenza di varie forme. Fa pensare all’invasione del virus, a livello cerebrale, che era già compromesso da una malattia preesistente, mentre il 21% insufficienza renale. Poi si è riscontrata quella che noi chiamiamo la BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva), che colpisce anche gli anziani, la quale è stata letale per il 17%.

Riassumendo, la causa principale dei decessi?

Con malattie concomitanti è stata l’ipertensione arteriosa, poi il diabete, poi la cardiopatia, la demenza, l’insufficienza renale cronica e la broncopneumopatia cronica. Ricollegandoci alla medicina del viaggiatore, ci porta a capire che quando viaggiamo è opportuno, presso istituti ospedalieri pubblici, effettuare questa visita pre-viaggio, comunicando la meta, in base alla quale sarà comunicata anche la situazione Covid-19 al momento, comprese le varianti correlate e i sintomi annessi. In paesi come l’Africa o i paesi asiatici, i dati forniti sembra non siano veritieri, non perché vengono nascosti, ma perché è difficile reperirli, anche per fenomeni di nomadismo, delle popolazioni autoctone; pensiamo ad esempio a quali percentuali si sottopongono a un tampone, o la percentuale della popolazione africana vaccinata. In Kenya, come in Sudafrica o in Etiopia, mete dove il Covid è molto presente, si troverà la maggior parte della popolazione non vaccinata.

Quindi è bene non abbassare la guardia sulle precauzioni già note?

È opportuno, come per la tubercolosi, che abbiamo già trattato, mantenere la distanza di un metro e mezzo. Con il caldo e le temperature elevate le persone possono emettere starnuti o colpi di tosse, quindi non abbandonare mai la mascherina, fondamentale la FFP2, e soprattutto, nei paesi asiatici, africani o sudamericani, sono presenti ancora le prime varianti, una situazione che può presentare persone positive a due o tre di esse.

Come comportarsi all’interno di locali o ristoranti?

Sarebbe opportuno evitare il contatto con oggetti presenti sui tavoli, o portarsi dietro dei guanti o disinfettanti, in modo da evitare oggetti contaminati da persone che hanno il Covid-19. Le forme cutanee di Covid-19, trattate la volta scorsa, sono da tenere presenti soprattutto all’estero, perché queste forme cutanee spesso colpiscono le persone locali.

Altre forme di prevenzione?

È stato dimostrato da due studi delle Università La Sapienza e Tor Vergata. La lattoferrina, una proteina del latte (non idonea quindi per gli intolleranti a quest’ultimo), in un dosaggio giornaliero di mg. 200 al giorno e la vitamina D3, si è riscontrato avere come dosaggio preventivo, un aspetto antivirale. Entrambe stimolano le difese immunitarie, non si sa in quale percentuale, ma è un piccolo ausilio. Non garantisce assolutamente di non prendere il Covid-19, sia cutaneo che respiratorio, ma ci fornisce un aiuto per rinforzarci un po’, specie in paesi nei quali sono ancora presenti e viaggiano parallelamente almeno tre varianti, con le popolazioni autoctone difficili da censire, specie sui controlli sanitari ad hoc, di cui ho già parlato, come tamponi o vaccini.

Cosa si può aggiungere per concludere?

All’estero, gli specialisti in particolare nei paesi tropicali, sia dermatologi che infettivologi, hanno iniziato a valutare il coinvolgimento cutaneo, dopo i riscontri della letteratura internazionale, nella prima fase della pandemia. Tra i paesi nominati anche la Cina, la Thailandia, gli Stati Uniti, come la Spagna o l’Europa dell’Est. Quindi l’attenzione anche a lesioni cutanee è fondamentale.

Sezione: Medicina del Viaggiatore / Data: Sab 12 marzo 2022 alle 13:34 / Fonte: di Alessandra Broglia
Autore: Redazione PN
vedi letture
Print