a cura di Alessandra Broglia

Un’estate alle porte e tanto desiderio di evasione vacanziera, nonostante le varianti del Covid-19, i contagi in risalita e turisti che ripopolano le nostre città. Questa volta ci occupiamo della sifilide, forse la più nota tra le malattie sessualmente trasmissibili. Come di consueto ci affidiamo alla consulenza del nostro esperto di riferimento, il dottor Mauro Berta, membro del comitato scientifico per la dermatologia di Ambimed Group Milano network in Travel and Tropical Medicine Italia e del Centro di Ricerca Scientifica Biochimica, Nutrizione e per la medicina tropicale D. Carrion, Facoltà di Medicina, Univ. Nacional Mayor de S. Marcos – Lima.

D: Quale agente è responsabile della malattia?

R: Il treponema pallidum, batterio del phylum delle Spirochaetes. Presenta un po’ una storia tumultuosa e ha rappresentato una minaccia per l’uomo per molti secoli. Fino alla scoperta della penicillina, da parte di Alexander Fleming, e quindi dell’antibioticoterapia, la sifilide ha provocato immensi disastri. Si pensi che in Italia, uno degli ospedali più antichi e più rappresentativi, Santa Maria degli Incurabili di Napoli, era stato creato solo per la sifilide. Una patologia che regnava indisturbata, specie nelle città portuali come Napoli, sia per ragioni legate al porto, con i marinai che sbarcavano dopo mesi di viaggio, sia per la diffusione della prostituzione. Ospedali di questo tipo furono realizzati proprio perché si pensava a creare una situazione di tutela e prevenzione per molte prostitute. Napoli è stata inoltre una delle città cui la sifilide fu importata dalle dominazioni, in particolare dai militari spagnoli.

D: Quali furono le sue origini?

R: La prima ipotesi di arrivo in Europa si fa risalire alla Colombia, detta appunto colombiana, perché si fa risalire al “Nuovo Mondo”, dopo la scoperta dell’America, veicolata dagli Spagnoli che parteciparono alle spedizioni di Cristoforo Colombo. La seconda ipotesi riguarda una mutazione di un’altra treponematosi, già presente in Europa, e detta ipotesi precolombiana. La terza ipotesi sembra sia stata trasportata dal Vecchio al Nuovo Mondo. L’ipotesi colombiana ha avuto origine nei racconti spagnoli del XVI secolo, resa poi popolare da Alfred W. Crosby. Pare che la sifilide abbia avuto origine nel Nuovo Mondo e sia stata trasmessa in Europa da Cristoforo Colombo nel 1492. Ciò è supportato da testimonianze del XV e XVI secolo, che attestano una grande diffusione dell’estrema virulenza della malattia, nei primi anni dell’epidemia.

D: Le civiltà precolombiane?

R: Da resoconti storici i Maya sembravano immuni e sembravano assuefatti al batterio. Le donne di questo popolo presentavano una forma attenuata di sifilide, fino all’arrivo degli europei, momento in cui il batterio assunse una maggiore virulenza anche per i nativi americani. Questa situazione evidenzia il confronto tra le popolazioni dell’America centrale, e gli invasori che a partire da Cristoforo Colombo. Comunque l’ipotesi più plausibile rimane quella americana.

D: Esistono diverse tipologie della stessa?

R: Anzitutto un’infezione primaria, nella quale si presenta sotto forma di papula indolore, che poi si ulcera e forma un bordo rilevato a livello genitale o anale. La sifilide secondaria non presenta lesioni ma è caratterizzata da un esantema, cioè un’eruzione maculo-papulosa, di tipo roseoliforme, con macchie rossastre che colpiscono il corpo, nella zona del palmo delle mani e le piante dei piedi. La sifilide terziaria è caratterizzata da sviluppo neurologico, fino ad arrivare alla tabe dorsale, cioè con forme di paralisi. Allo sviluppo cutaneo nella terziaria si arriva con noduli e gomme (rilievi importanti e duri che si rilevano). Se si nota una lesione prima papulosa, poi che si ulcera a livello genitale, si pensa subito alla sifilide. Ma ai nostri giorni la forma primaria si presenta raramente, a differenza della secondaria che è molto più frequente. Il paziente non vede nessuna lesione ma si vede comparire questo esantema, sul torace, sul dorso ma anche sul palmo delle mani e sulle piante dei piedi. La terziaria è solo un’evoluzione se non viene trattata.

D: Come si cura?

R: Dalla scoperta degli antibiotici non è più un grosso problema, nel senso che si tratta in un paio di settimane con la penicillina.

D: Quali esami possono essere utili?

R: Ricordare a livello immunitario la VDRL, test che rileva gli anticorpi, le IGM mettono in evidenza la patologia in atto. Le IGG sono la storia, ma rimangono gli anticorpi. Nella sifilide, per spiegare più semplicemente, rimane come un marchio che permane all’interno dell’organismo.

D: Esiste un rischio di recidiva?

R: In effetti è possibile, è però una malattia nella quale si pensa che basta proteggersi con le precauzioni che si usano per i rapporti sessuali. Noi ci stiamo rivolgendo ai viaggiatori che spesso praticano il cosiddetto turismo sessuale, anche se criticabile e condannabile, ma bisogna pensare anche ai giovani che vanno all’estero, soprattutto nei paesi dell’America Centrale, in Africa, in Asia, i quali possono avere dei rapporti occasionali, contraendo la sifilide. Non basta il rapporto protetto, poiché anche il rapporto orale trasmette questa patologia. Oggi si riscontra un aumento della forma che riguarda la parte orale, con papule e ulcere a livello della bocca. Come nella zona anale si riscontra in soggetti positivi all’HIV, poiché va di pari passo con questo virus, ma in pazienti spesso omosessuali. Quindi è bene prestare attenzione anche con i rapporti orali, poiché risulta molto rischioso.

Come detto in precedenza la sifilide lascia questo marchio a vita, ma può recidivare poiché abbiamo visto casi ripresentarsi a distanza, ma oggi è fondamentale fare attenzione alla promiscuità, il cambiamento dei partner, specie se sconosciuti, poiché anche un rapporto orale può trasmettere questa patologia.

Sezione: Medicina del Viaggiatore / Data: Sab 18 giugno 2022 alle 16:05 / Fonte: a cura di Alessandra Broglia
Autore: Redazione PN
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