Ai microfoni di Politicanews.it ha parlato il Presidente del Consiglio regionale della Lombardia Alessandro Fermi. Diversi gli argomenti trattati nella nostra intervista:

Come sta affrontando questa seconda ondata la Regione Lombardia? Quali sono le aspettative per il Natale?

L’ha affrontata partendo per prima con alcune misure restrittive che sono poi state prese a modello a livello nazionale e che stanno dando proprio in questi ultimi dieci giorni i frutti sul miglioramento di tutti i parametri di riferimento governativi. L’ha affrontata con lo straordinario lavoro dei medici, operatori sanitari e volontari che, nonostante la stanchezza mentale e fisica ereditata dalla prima ondata, hanno evitato che gli ospedali collassassero, garantendo a tutti le cure indispensabili. L’ha affrontata con un grande senso di responsabilità dei suoi cittadini che, nonostante la comprensibile tensione sociale creata dalle rinnovate limitazioni ad alcune categorie economiche, hanno dimostrato una dignità e una resilienza tipicamente lombarda. Oggi il momento più critico sembra essere superato, gli indici delle ultime due settimane sono in costante miglioramento tanto da essere certamente all’interno degli scenari ricompresi nella fascia arancione. Questo passaggio, al di là delle aperture connesse al cambio di fascia, significa che è iniziata la discesa verso la fine della seconda ondata. Questo risultato deve essere consolidato così come il positivo trend degli indici almeno fino alle vacanze di Natale. Queste saranno ovviamente diverse da come le abbiamo sempre conosciute ma porteranno con sé la grande speranza che il prossimo anno, anche grazie all’imminente vaccino, si possa definitivamente uscire dalla pandemia. 

Si parla di riaprire impianti da sci in inverno dopo le feste natalizie o già prima, in caso di chiusura quale sarebbe il danno per la Regione e quali dovrebbero essere i ristori destinati al comparto?
Il tema è stato oggetto proprio in occasione dell’ultima seduta di Consiglio regionale di una mozione urgente che, evidenziando l’importanza economica dello sci per l’economia montana lombarda, che produce un indotto di 1,2 miliardi di euro in Lombardia e circa 20 miliardi per l’intero arco alpino, sposa le motivazioni alla base della richiesta di incontro avanzata dalle regioni alpine al Ministro Gualtieri. Intorno agli sport invernali gravitano numerose attività ricettive, turistiche e commerciali, e quindi è necessario valutare tutte le proposte per evitare la chiusura di una stagione che, comunque, sarebbe di sola sopravvivenza per il comparto turistico alpino. Credo anche che sia poi incomprensibile un provvedimento che, sull’intero arco alpino, chiuda solamente i comprensori Italiani con Svizzera, Francia, Austria e Slovenia liberi di decidere diversamente. Ecco perché abbiamo sollecitato il Governo ad una uniformità di provvedimento a livello europeo con, nel caso di limitazioni, immediato stanziamento di adeguati ristori per tutti i settori colpiti.Teniamo sempre presente però che i nostri imprenditori non chiedono ristori, non vogliono assistenza ed elemosina, ma vogliono solo continuare a lavorare con le misure individuate e necessarie a garantire la sicurezza.

Da molte parti (Governo nazionale, Consiglio regionale) la sanità lombarda è stata duramente attaccata, cosa risponde in merito a queste critiche?

Una premessa. La Lombardia è stata investita dal virus con dimensioni, velocità e virulenza sconosciute altrove e ha reagito, soprattutto nella prima drammatica ondata, come nessun altra regione intesa come territorio di cittadini, Enti e Istituzioni, sarebbe stata in grado di fare. Seconda premessa. Giudicare il modello lombardo, durante o a seguito di una pandemia senza precedenti recenti, è un esercizio intellettualmente disonesto. In realtà la sanità lombarda è e resta il riferimento nazionale per l’eccellenza delle cure prestate e delle sue strutture. Un modello di welfare pubblico-privato come quello lombardo non solo ha dimostrato negli anni di poter funzionare bene ma soprattutto ha consentito alla “Sciura Maria”, con una pensione minima, di farsi curare al San Raffaele o all’Humanitas o nelle altre decine di strutture analoghe dove prima potevano andare solo gli “Sciuri”, nel senso del conto in banca. Questo è realmente un esempio di integrazione sociale e di uguaglianza indipendentemente dalle possibilità economiche. Queste premesse non devono comunque offuscare la vista di fronte alla necessità di correggere e migliorare alcune lacune che questa pandemia ha fatto emergere in maniera piu’ diretta. Possiamo dire per macro aree che il sistema ospedaliero ha tenuto, quello territoriale ha mostrato limiti. Quindi, in un’ottica di rafforzamento e miglioramento dell’extra-ospedaliero, l’obiettivo non può che essere quello di facilitare e avvicinare il cittadino al sistema sanitario e, conseguentemente, filtrare sul territorio l’accesso alla struttura ospedaliera. Bisogna migliorare la prossimità, la facilità di interlocuzione della singola persona, banalmente la possibilità per ogni lombardo, in caso di necessità, di sapere chi chiamare per la propria richiesta di consulto. In quest’ottica credo che il primo passo sia ripensare all’azzonamento territoriale delle ATS, questo perché, con l’accorpamento avvenuto nel 2015, si sono creati ambiti troppo estesi, troppo popolosi, troppo diversi morfologicamente e socialmente. È necessario ripensare poi a distretti sanitari con una popolazione di riferimento di 80/100 mila abitanti, riorganizzare la medicina del territorio che deve partire da un rinnovato patto con i medici di base, quelli della continuità assistenziale e i pediatri, presidio fondamentale e indispensabile della sanità territoriale. La medicina generale deve tornare a essere il vero fulcro intorno a cui far ruotare l’assistenza sanitaria svolgendo in modo efficace il ruolo di filtro per la sostenibilità dell’assistenza ospedaliera. Fondamentale sarà liberare questo comparto sanitario dalla burocrazia che negli ultimi anni ne ha mortificato il ruolo così come aumentare ulteriormente le borse di studio per favorire l'accesso alla professione che rischia, tra pensionamenti e carenze di organico, di portare il medico di medicina generale alla soglia di 2mila mutuati cadauno. La necessità di rinsaldare un patto di collaborazione deve avere ovviamente il presupposto del riconoscimento di un ruolo attivo del governo regionale da affiancare a quello dettato dal carattere nazionale dell'attuale convenzione che regola i rapporti tra medici di prime cure e Ministero. 
Il rafforzamento della sanità territoriale dovrà anche passare dal coinvolgimento degli infermieri e dei Sindaci che devono tornare ad essere anello operativo della filiera.

Lei è stato Sindaco quindi più di altri può sapere cosa hanno dovuto passare i sindaci lombardi quest’anno. Quali sono state le osservazioni e le richieste raccolte dal progetto dell’Ufficio di Presidenze “Riparti Lombardia”?

Questa Assemblea regionale lombarda è costituita da tanti ex Sindaci e amministratori locali, e io stesso lo sono stato prima. Un ruolo bellissimo, ricco di soddisfazioni ma anche sottopagato rispetto alle responsabilità e all’impegno richiesto. Vi è quindi la necessità di aggiustare il tiro rispetto alle indennità, alla burocrazia, alle responsabilità connesse alla carica perché è a tutti evidente come negli ultimi anni sia calata la voglia e la disponibilità a partecipare alla vita amministrativa della propria comunità. Lo scorso anno ne è stato un esempio evidente. Su circa 900 Comuni che sono andati al voto in Lombardia, in oltre 200 si è presentato un solo candidato, tralasciando quelli in cui non si è riusciti a trovare nessuno disponibile. Questo è un dato su cui riflettere e correre ai ripari altrimenti solo alcune categorie di persone (dipendenti pubblici, pensionati) saranno nella possibilità di prestare il proprio impegno civico a discapito della concorrenza e, di conseguenza, del merito.

Quest’anno le Regioni compiono 50 anni di vita: una realtà ancora attuale? Giusto chiedere maggiori forme di autonomia?

Regione Lombardia non sarebbe la prima regione d'Italia se non avesse potuto disporre di elementi costitutivi di prim'ordine. In primo luogo gli stessi cittadini lombardi, che vantano non da oggi un ethos che mette al centro laboriosità, saper fare, spirito di intrapresa, pragmatismo e solidarietà. I lombardi sono aperti al mondo, magari asciutti nelle parole, ma accoglienti nei fatti. Una società che in questi cinquant’anni ha trasmesso i suoi modi e i suoi valori a milioni di persone giunte dal resto d’Italia o dal mondo intero. Poi vi sono i territori. Alla straordinaria forza di Milano in mezzo secolo ha fatto da contrappunto l'apporto dei diversi territori, che hanno saputo sviluppare vocazioni originarie, come l'agricoltura, o economie all'avanguardia, che primeggiano nel mondo globale. Le nostre province, così diverse ma tutte lombarde per inclinazione etica, rappresentano un esempio straordinario di intelligenze e talenti. Con Brescia e Bergamo, ricordiamolo, appena confermate capitali italiane per la cultura 2023.
Non mancano però segnali di preoccupante decadenza in molti ambiti della società. Così credo che dalle Regioni e dai Territori mai come ora ci sia bisogno che le menti migliori si facciano avanti, sappiano mettersi a disposizione. La nuova rinascita italiana non può che passare da qui, da una rinnovata partecipazione alla vita pubblica, da un rinnovato impegno per la collettività, da un rinnovato sacrificio per la costruzione di qualcosa di più grande. La sfida oggi è quella di integrare la dimensione globale che caratterizza tutta la nostra regione con la dimensione locale, che ne costituisce l’essenza.
Nell’immediato l'autonomia va interpretata pertanto come autonomia delle competenze, stabilendo responsabilità certe tra Governo e Regioni. Un passo avanti enorme, in linea con il pensiero dei costituenti e di questi primi cinquant’anni, che andrebbe nella direzione di sburocratizzare e snellire i rapporti coi cittadini, le imprese e le associazioni. Credo che l'agenda politica di questa legislatura, ancora di più dopo la crisi economica innescata da questa pandemia e davanti alla necessità di ripartire, debba essere ancora, e ancora più convintamente, questa. Un regionalismo rafforzato è una grande opportunità per tutto il Paese, per renderlo più efficiente e moderno. Questa è l'eredità che i primi cinquanta anni di Regione Lombardia ci consegnano: se immagino la Regione fra 50 anni io la immagino così, con maggiori competenze e autonomie.

Sezione: Esclusive / Data: Sab 28 novembre 2020 alle 00:00
Autore: Christian Pravatà / Twitter: @Christianpravat
vedi letture
Print