La Lombardia è concretamente una delle regioni più colpite dall'emergenza Coronavirus.

Il Partito Democratico è una delle forze politiche più critiche nei confronti dell'operato di Attilio Fontana in tale fase, richiedendone a più riprese le dimissioni.

Per un prospetto chiaro dei lavori in Consiglio Regionale sponda opposizione, la redazione di PoliticaNews.it ne ha intervistato il vicepresidente, Carlo Borghetti (Pd).

Come valuta l’andamento legato ai casi in Lombardia? Si può parlare concretamente di lievi segnali di ripresa e normalità?



"L’andamento della epidemia in Lombardia è certamente positivo, purtroppo però la raccolta dei dati in Lombardia soffre dall’inizio di una grave disorganizzazione, e quindi è difficile fare valutazioni certe sull’andamento epidemiologico reale. Mi spiego: come si può valutare l’andamento giornaliero dei nuovi contagi quando l’esecuzione dei tamponi, ad esempio, nell’ultima settimana è di questo tipo: 1 giugno 3572, 2 giugno 8676, 3 giugno 11355, 4 giugno 3410, 5 giugno 19389, 6 giugno 13696, 7 giugno 8005. È chiaro che una così forte variazione di tamponi giornalieri rende impossibile valutare l’andamento giornaliero vero dei contagi... Aggiungo che ogni giorno dei nuovi contagiati non sappiamo l’origine: sono persone ricoverate in casa di riposo? Sono le cassiere del supermercato? Sono gli operatori sanitari? I dati vengono forniti in modo aggregato, e questo non aiuta ad approfondire. Detto questo sono chiare due cose: uno il virus continua a circolare in Lombardia molto più che in ogni altra Regione. Due l’andamento clinico dei nuovi contagiati è sempre meno preoccupante, considerate le notizie che arrivano dagli ospedali".

La mancata istituzione della zona rossa in Val Seriana, l’Ospedale in Fiera, la presunta oscura questione delle Rsa... Con il senno del poi che cosa non ha funzionato, oggettivamente, in Regione Lombardia rispetto al resto di Italia?

"Se da una parte è evidente che il contagio in Lombardia era molto più diffuso che nelle altre Regioni sin dall’inizio, d’altra parte è altrettanto evidente che la Regione ha commesso degli errori di strategia notevoli. All’inizio di tutto, a fine febbraio, l’OMS aveva suggerito di distinguere nettamente le strutture per pazienti Covid dalle strutture per pazienti non-Covid: in Lombardia, invece, si sono subito “mischiati” i pazienti in tutti gli ospedali, e gli ospedali sono diventati i primi luoghi della diffusione dell’epidemia, con la conseguenza anche di un altissimo numero di operatori contagiati; quando si è deciso di fare il cosiddetto ospedale in Fiera Milano - che poi era solo un reparto ospedaliero- , era ormai tardi, e quando è stato pronto non serviva più. Per non parlare della delibera dell’8 marzo che bloccava gli ingressi di nuovi ospiti nelle RSA lombarde tranne che per i pazienti dimessi dagli ospedali, anche se Covid positivi: tanti o pochi che siano stati questi pazienti inviati nelle RSA, quella Delibera resta un errore: il Veneto ha fatto il contrario, faceva cioè entrare in RSA solo i pazienti certificati Covid negativi!  Lo sforzo fatto per moltiplicare le terapie intensive, andava fatto anche per creare posti letto per i dimessi, ma la Regione ha pensato solo agli ospedali, e non poteva contare su una sanità di territorio che è sempre stata debolissima, mai sviluppata negli anni: e proprio questo è stato il problema fatale per la Lombardia… Se durante i giorni di picco le vite si salvavano in ospedale, il contagio e la sua letalità invece si doveva arginare sul territorio, scovando i positivi e mettendoli in quarantena subito... facendo più tamponi sin dall’inizio, e tracciando i contatti dei positivi... ma la Lombardia non ha mai messo in rete i medici di famiglia, non ha mai sviluppato l’assistenza domiciliare, che è tra le ultime in Italia per percentuale di pazienti raggiunti, ha dei Dipartimenti di Prevenzione con pochissimo personale, e solo dopo un provvedimento del Governo nazionale ha costituito delle poche squadre che andassero al domicilio dei casi sospetti, lasciati fino ad allora soli, tanto che molte persone nel primo mese, e anche oltre, venivano portate in ospedale quando ormai era troppo tardi…".

Dal Governo, da voi sostenuto a livello nazionale, avete percepito segnali di vicinanza concreti, oppure -in determinate fasi- vi siete sentiti “soli”? C’è chi rimarca il fatto che, concretamente, Conte vi abbia fatto visita soltanto ad inizio maggio...

Del Governo nazionale non era importante che il Premier o i Ministri venissero fisicamente in Lombardia, contava invece il rapporto costante e quotidiano col Governo regionale, e questo il Presidente della Regione Fontana ha sempre riconosciuto di averlo avuto; non era tanto importante che Conte venisse in Lombardia ma piuttosto che la Protezione Civile mandasse DPI e respiratori per le terapie intensive, e questo appena il materiale è stato reperito, seppure inizialmente a fatica, è avvenuto, come certificato dai documenti. Credo che a conti fatti la Regione Lombardia e il Governo, con la Protezione Civile, abbiano avuto complessivamente un rapporto più costruttivo e costante di quanto i media non abbiano raccontato, nonostante indubbiamente ci siano stati momenti di tensione e forse anche qualche incomprensione. E personalmente sono anche convinto che in Italia non sia il caso nè di ri-centralizzare la Sanità a Roma, nè di aumentare le autonomie regionali in materia di Salute: serve invece una applicazione e un rispetto sincero da parte di tutte le parti dell’attuale vigente Titolo V sul regionalismo differenziato, che comunque in questi mesi ha consentito alle Regioni, anche in una crisi di questa portata, di poter adottare alcuni provvedimenti aderendo alle diverse realtà locali, lasciando però al livello centrale i provvedimenti quadro che non potevano che essere identici su tutto il territorio nazionale perché potessero essere efficaci".

Sezione: Esclusive / Data: Lun 08 giugno 2020 alle 18:45
Autore: Luca Cavallero
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