“Si tratta di una decisione prudenziale basata sul fatto che c'è molta meno evidenza sull'efficacia dei test antigenici salivari rispetto agli altri. Esistono alcuni kit che sembrano funzionare bene, ma non hanno ancora avuto la conferma e la diffusione che invece altri test convenzionali hanno già avuto. Verosimilmente quindi, c'è ancora qualche prudenza. È un peccato perché sarebbe stato comodo da utilizzare soprattutto sui bambini e su chi non sopporta il tampone convenzionale. Il goal standard resta il tampone molecolare”. Giovanni Di Perri, responsabile delle malattie infettive dell'ospedale Amedeo di Savoia di Torino, spiega a iNews24 quali sono i limiti riscontrati nei test salivari rapidi nella diagnosi dell'infezione da Sars-CoV-2 e le differenze tra i tamponi utilizzati, dopo la circolare inviata dal ministero della Salute che chiarisce che questi non bastano per ottenere il green pass.

 “Può succedere che uno di questi test non sia abbastanza sensibile, per cui, in presenza dell'infezione dia un risultato negativo. Questo è un rischio. Individua le infezioni con maggiori quantità di virus”.

Di Perri spiega anche le differenze tra i vari test utilizzati ad oggi: “Il tampone molecolare classico è il più sicuro, perché è il più sensibile, in grado di individuare anche pochi frammenti di Rna virale. È il test di riferimento al quale vengono confrontati tutti gli altri. Ci sono poi i test antigenici, ovvero quelli con prelievo del materiale dalle narici. Hanno ricevuto un certo successo industriale perché sono piuttosto attendibili. Ne esistono di due tipi in termini pratici: uno viene processato e letto da una macchina tramite un lettore, l'altro è più immediato e viene utilizzato per situazioni che richiedono una risposta immediata. Si tratta di quello anche chiamato “a saponetta”, che dà un risultato visivo in pochi minuti. I test antigenici hanno limiti di sensibilità rispetto al molecolare classico, ma i migliori individuano le cariche virali medio-alte. Possono sbagliare i risultati quando il livello di carica virale è basso. Ma anche se risultano negativi, la persona che è lo stesso infetta difficilmente può trasmettere il virus”.

I test sierologici infine “ci permettono di ricostruire il passato, cioè di sapere se il vaccino ha attecchito o se la persona in questione ha prodotto anticorpi. Anche in questo caso ne esistono due tipi. Uno verifica la presenza degli anticorpi prodotti contro la cosiddetta proteina di superficie Spike, che è la stessa proposta dai vaccini. Questo tipo di test dice se una persona è stata contagiata oppure ha ricevuto il vaccino. L'altro invece, verifica gli anticorpi contro la nucleoproteina, che non è contenuta nel vaccino. Per cui se il test è positivo, significa che il soggetto ha contratto l'infezione. In generale comunque, in alternativa al tampone molecolare, i test salivari hanno limiti maggiori rispetto agli antigenici”.

Sezione: Altre Notizie / Data: Dom 26 settembre 2021 alle 00:30
Autore: Redazione PN
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