C’era una cosa soprattutto che mi univa a Ennio Doris - oltre alla stima infinita nei suoi confronti - il grande amore per il ciclismo. E soprattutto di quello parlavamo, con - da parte sua - una passione e un amore che già da sole definivano l’uomo

Si sono spese, giustamente, molte parole in questo giorno di addio e di dolore. Ci vorrebbero il suo senso di pace e di umanità per consolare tutti coloro che lo stanno piangendo. “So di andare incontro alla felicità” aveva confidato a qualcuno negli ultimi giorni. “Mi dispiace solamente di lasciare sola la mia Lina”

Per lui la famiglia era ed era stata tutto. Da quella umilissima da cui proveniva, a quella che aveva creato con “la Lina”, mai venendo meno - neanche nel successo - a quel dovere di gentilezza che i suoi genitori gli avevano lasciato come valore più grande

Doris conosceva la povertà. E aveva fatto sempre di tutto per combattere quella degli altri. “Ho passato la vita con la mano di Dio posata sul capo” diceva “Ho avuto tanto, quello che ho costruito l’ho fatto non per merito mio, ma perché il Padreterno mi ha fatto nascere in una famiglia che mi ha amato e poi mi ha donato talenti da mettere a frutto. Da credente, aiutare chi non ha più nulla a risollevarsi con il lavoro è il mio modo di ringraziare e restituire”. Anche facendo il “banchiere”? Sì anche facendo il banchiere!

Amava il futuro, il suo modello era Fausto Coppi da cui aveva imparato a rialzarsi nei momenti difficili e a guardare sempre avanti “nonostante tutto”. “La bicicletta - diceva, pensando agli stenti del dopoguerra - ha dato all’Italia la libertà”

Per sentirlo vicino sono andato a ripescare la dedica che mi fece regalandomi il suo ultimo libro: “Quando ci si occupa per lavoro di ciclismo si è fortunati, perché ci si può far guidare dalla passione sempre”

Si sono stato fortunato: ho conosciuto un uomo come lui

Sezione: Altre Notizie / Data: Gio 25 novembre 2021 alle 20:18
Autore: Politica News Redazione
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